Notizie Radicali
  il giornale telematico di Radicali Italiani
  giovedì 23 giugno 2005
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Verso le politiche del 2006. Io la vedo così.

di Antonio Tombolini

Quali sono i temi su cui dovrebbero attestarsi i radicali in questa fase? L'argomento è connesso e preliminare rispetto a ogni prospettiva di tattica politica, almeno se si tiene fermo il fatto che andare in parlamento non è l'obiettivo, ma lo strumento della nostra battaglia politica prossima ventura. Andare a lottare anche in parlamento, per fare che?

L'argomento non interesserà com'è ovvio nessuno tra quanti, pur radicali, ritengono che in questa fase l'unica cosa da fare sia prostrarsi ai piedi del polo prescelto (in base a che, non è dato sapere) pur di ottenere un seggio in qualche modo. A costoro direi di risparmiarsi il resto di questa, che si preannuncia una noiosissima lettura.

Facile sarebbe una collazione di temi radicali. Facile ma non utile. Occorre infatti puntare - nella situazione attuale - su certi temi più che su altri. Con quale criterio? Ce ne sono diversi possibili.

Un primo criterio consiste nel privilegiare i temi che possano agevolare l'incontro con altri interlocutori, sia in vista del possibile Partito d'Azione, che in vista di una partecipazione alla coalizione di centrosinistra. In altre parole, e specularmente: evitare i temi su cui siamo più diversi da costoro, per evitarci grane.
In questa chiave andrebbe messo il silenziatore prima di tutto alle tematiche legate all'impegno anticlericale: che non si parli di battaglie anticoncordatarie, di revisione o cancellazione dell'ottopermille, di sburocratizzazione delle strutture pubbliche (contro il clericalismo di stato) eccetera...

Anche i temi specificamente referendari, specie quello della libertà di ricerca scientifica, andrebbero posti ma con molto giudizio e grandi cautele, perché è proprio su di essi che si rischia di urtare la suscettibilità delle gerarchie ecclesiastiche e dei cattolici veri (cielle & affini) con cui, giusta i timori dei laici riformisti à la Giannino, occorre fare i conti.

Non parliamo poi dell'economia: con che coraggio porre e proporre questioni di liberalismo e di liberismo economico, in una coalizione che avrà già il suo bel da fare nel contrastare semmai le spinte massimaliste e stataliste di Bertinotti? E non si pensi che sarebbe diverso, su questo, nell'altro polo: chi avesse avuto modo di assistere ad un recente faccia a faccia televisivo Bertinotti-Tremonti, potrebbe testimoniare della perfetta identità delle loro posizioni in materia economica.

Antiproibizionismo? Come non urtare su questo i cattolici (sempre nel senso delle gerarchie ecclesiastiche e del loro braccio secolare) del tutto refrattari all'argomento?

Eccetera. Questo approccio porta, né più né meno, per via meno diretta e apparentemente più politicamente appropriata, alle conclusioni di Della Vedova: tanto vale mettere da parte ogni questione tematica e programmatica, smetterla di fare gli schizzinosi, e implorare un posticino purchessia. Poi si vedrà.

Per parte mia ritengo più utile, e paradossalmente anche tatticamente più efficace, il criterio opposto: privilegiare, in vista di un possibile accordo, le tematiche a più alto contenuto di radicalità radicale.

A chiedercelo, si badi bene, sono proprio gli interlocutori esterni che, da sinistra, si sono mostrati in questa fase più vicini e più interessati a mantenere aperta, sulla scorta dell'esperienza dei comitati referendari, una collaborazione con noi. L'abbiamo ascoltato da Morando, Pollastrini e Turci nell'Assemblea dei Mille. Cosa ci chiedono? Di aiutarli a mantenere la centralità dei temi referendari, senza tentennamenti; di aiutarli a far crescere il tasso di liberalismo del centro sinistra; di aiutarli a far argine a una deriva clericale che ha già intaccato le istituzioni dello stato, fino ai suoi livelli più alti. Con le loro stesse parole:

E' del tutto evidente che una contaminazione con la cultura liberale radicale non può che giovare a una sinistra che mai come oggi fatica ad accelerare la sua modernizzazione. La prospettiva stessa di coinvolgere i Radicali nella coalizione di centro-sinistra che il prossimo anno competerà con il centro-destra per il governo del paese, è affidata unicamente ad un investimento politico da parte della sinistra. Certi conservatorismi presenti, a vario titolo, nel centro-sinistra potrebbero essere mitigati dalla partecipazione al progetto dell'Unione della cultura liberale radicale. (Antonio Funiciello, Libertaeguale.com)

A tutto questo si rifaceva anche la mia sollecitazione (non raccolta finora, se non come boutade dello strano cattolico radicale uscito fuori chissà come e da chissà dove) circa l'opportunità di costituirsi in governo ombra, da subito, per dare il senso immediato e concreto delle nostre capacità di governo.

Il programma, dunque, con le cose radicali in testa. Il programma che è stato a mio avviso lucidamente e sinteticamente espresso nel ricchissimo intervento di Emma Bonino (detto per inciso: era da tempo che non sentivo una Bonino così concentrata, determinata, chiara, motivata). Un programma che fa riferimento ad un'analisi della fase attuale tanto sintetica quanto precisa: il risultato referendario ci consegna l'evidenza di un paese in cui non è in pericolo la libertà di ricerca, ma la libertà tout-court.

A metterla in pericolo è il clericalismo dilagante, confessionale o ateo che sia: quel clericalismo che vuole opporre al fondamentalismo islamico un fondamentalismo uguale e contrario, un fondamentalismo sedicente cristiano, la cui differenza consisterebbe solo nel fatto che, essendo più moderno, consentirebbe ad alcune libertà ottriate, graziosamente concesse dall'autorità sovrana depositaria dei veri valori sottratti alla dittatura del relativismo democratico. Chi tra noi, impegnati nella campagna referendaria, non ha sentito argomentare in questo senso circa la legge 40? Per noi – ci spiegavano con sussiego – la fecondazione assistita andrebbe proprio vietata, e però vi abbiamo laicamente acconsentito, ma ora non veniteci a forzare troppo la mano, se no...

E' urgente allora che - Radicali o Azionisti che siano - concentrino il loro programma ancora di più sulla necessità di radicalmente cambiare la legge 40, di consentire l'accesso alla pillola del giorno dopo e alla RU486 come alternativa all'aborto chirurgico, introducano finalmente in maniera esplicita il dibattito sull'eutanasia, favoriscano senza lasciarla spegnere la lotta degli scienziati per la libertà di ricerca scientifica, favoriscano accanto ad essa l'accendersi di una lotta dei teologi per la libertà di ricerca teologica, e così via; riportino la barra dell'impegno europeista alla classicità dimenticata delle idee e della impostazione di Altiero Spinelli; rilancino sulla legalizzazione immediata delle droghe leggere, delle condizioni di detenzione nei carceri, della concreta giurisdizione da parte della magistratura, perché inizi (rivoluzionariamente, diceva bene Ainis in assemblea) a semplicemente fare quello per cui esiste, e cioè applicare la legge; porre mano all'economia con proposte che tocchino finalmente il nodo centrale del dissesto di questo paese: la sterminata mole di risorse assorbita da una burocrazia elefantiaca e da una spesa corrente folle: è tempo che qualcuno aiuti chi dovrà porre mano con coraggio all'economia a dire quali sono le falle più grosse da tappare: e chi meglio dei radicali, così spesso impopolari per non essere antipopolari?

Ecco allora perché continuo a vedere nella partecipazione alle primarie del centrosinistra con un candidato proprio (il leader radicale o - se l'operazione Partito d'Azione sarà riuscita, ma in tempi brevi - il leader del nuovo partito) una opportunità da perseguire con attenzione e determinazione.

Non mi si obiettino i dettagli relativi alle modalità regolamentari delle primarie, alle pre-condizioni che verranno poste per parteciparvi, eccetera... sono questioni che ho ben presenti e che andranno preliminarmente valutate. Ma se il regolamento dovesse garantire un minimo praticabile di democraticità della consultazione e le precondizioni per parteciparvi non risultassero proibitive, resto dell'idea che occorrerebbe provarcisi.

E' nella fase delle primarie, infatti, che sarebbe possibile presentarsi con un proprio candidato e soprattutto (quel che ci interessa di più) con un proprio programma, che passerebbe poi alla fase dei compromessi e delle mediazioni forte (o debole, it's the democracy, baby!) del consenso che avrà raccolto in quella sede. E garantendo probabilmente al programma, alle cose che ci stanno a cuore, una tribuna di visibilità più ampia rispetto a quelle in cui noi, al di fuori di quel processo, potremmo ora cimentarci.